Fonti: Assinform; Hays; Bitmat; il sole24Ore;
La digitalizzazione e le trasformazioni del modello industria 4.0 stanno infatti cambiando il modo in cui tutti noi lavoriamo come mai era successo prima d’ora.
Per questo dobbiamo dare peso e valore all’ inquadramento delle competenze in tutti i contesti lavorativi, e durante tutto l’arco della vita lavorativa.
Soprattutto in un mondo del lavoro che richiede sempre più flessibilità non solo nell’accesso ma anche nella costruzione della propria crescita professionale.
Tutti i lavoratori, sempre di più, saranno misurati su skill rispondenti alla capacità di gestire la trasformazione digitale.
Il problema principale però è che questo orientamento è ancora troppo poco diffuso nelle imprese, nelle pubbliche amministrazioni, nei cittadini. Ogni aspetto della nostra vita è caratterizzato dall’interazione digitale, illudendoci di poterne gestire il controllo e la capacità di gestione.
Le aziende devono dimostrare di saper programmare le proprie necessità di collaboratori per il futuro, poiché i loro migliori competitors lo stanno già facendo. Dal canto loro i professionisti devono fare tutto quello che è in loro potere per rimanere nel mercato del lavoro per molti anni a venire.
I cambiamenti legati alle nuove normative in diversi mercati e il continuo focus sulla trasformazione digitale, stanno portando alla luce aspretti significativi sul fronte delle competenze ma anche delle nuove figure professionali.
Ci sarà soprattutto aumento di richieste per leader che possono testare i nuovi sistemi tecnologici, al fine di assicurane affidabilità, provvedere soluzioni in caso di attacco informatico e tenerli sempre aggiornati, facendoli rimanere in linea con le nuove tendenze del mercato.
Profili come Chief Cyber Security Officers (CCSOs) per supervisionare l’organizzazione relativamente alla cyber security e il team di ingegneri che la implementeranno, sono un esempio significativo di questa nuova tendenza.
Sulla spinta del General Data Protection Regulation (GDPR) attualmente recepito in Italia e in Europa, le aziende ricercano molti esperti in governance dei dati.
E’ stato stimato che questo regolamento creerà all’incirca opportunità di lavoro per 75.000 profili di Data Protection Officer nel mondo. Il GDPR impone limiti sui dati da processare e sulla profilazione degli utenti/consumatori, aumentando la responsabilità delle aziende nel conservare e gestire i dati personali.
E’ un momento vitale di legislazione e ogni leader di impresa dovrebbe capirne l’impatto, perché sarà profondo.
Purtroppo molte imprese devono ancora comprenderne la rilevanza e la portata del fenomeno e i Dirigenti dovranno dimostrarsi all’altezza di affrontare la situazione. Per questo stanno emergendo nuovi profili dirigenziali in grado di gestire una sempre più complessa composizione di dati e comportamenti degli utenti, abbattere le barriere con le aziende, migliorare l’esperienza del consumatore e innovare le aree a più alta domanda.
I Big Data alimentano quindi la creazione di prodotti e sistemi sempre più avanzati e le c.d. AI (Artificial Intelligence) e questo processo diventa il nuovo vero cuore delle aziende.
In questo contesto emergono quindi le richieste verso profili che siano in grado di sviluppare questi sistemi per garantire alle aziende la costruzione di un asset vitale, quello della raccolta e gestione delle informazioni, ormai riconosciuto come patrimonio da valorizzare nel modo più proficuo possibile.
I Big Data stanno guidando la richiesta di personale per molti settori di mercato e per specifici ruoli.
Risultano essere infatti i più ricercati dalle aziende per gestire per vendite e marketing
Secondo le previsioni di Kelly Services, in ambito sales & marketing assisteremo nel corso del 2018 a una forte domanda di professionisti con queste competenze e di alcuni specifici ruoli in particolare. Il Digital Crm Manager, per esempio, è un profilo che ha acquistato importanza con la proliferazione dei dati social in azienda, sotto forma di like, retweet, commenti, cookie di navigazione. Interazione con la tecnologia. accessibili ad una nuova parte della popolazione e offrono al contempo un diverso modo di rapportarsi con gli utenti già esistenti.
Nelle direzioni commerciali emergono anche Profiling Manager che hanno il compito di organizzare al meglio i dati raccolti in area Crm e profilare nuovi segmenti di clientela con cui instaurare la migliore relazione, sia online che offline.
In stretto legame con queste figure, molto richiesti risultano quindi i Digital Strategist che in qualità di esperti conoscitori di Internet, delle infrastrutture digitali dei nuovi media e dei social network, hanno il compito di realizzare le strategie di fidelizzazione e acquisizione.
L’importanza degli skill digitali è tuttavia evidente per tutti i settori lavorativi e produttivi.
Con riferimento a quanto emerge dall’Osservatorio delle Competenze Digitali 2018, condotto da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia, in collaborazione con MIUR e AGID, il peso delle competenze digitali cresce in tutti i settori produttivi con un’incidenza media del 13,8%, ma con punte che sfiorano il 63% nelle aree “core” di Industria e il 41% nei Servizi.
La prima sfida però da compiere è quella della revisione delle priorità strategiche.
Come abbiamo evidenziato in apertura infatti la transizione ad un approccio “digitale” è ancora a un livello troppo basso nella scala di queste priorità priorità e bisognerà lavorare ancora per aumentare tale consapevolezza.
Fonti: Agenda Digitale; Garante Prinvacy;
All’evento sono intervenuti autorevoli rappresentanti del Garante per la Protezione dei Dati Personali e del Cini – Consorzio Interuniversitario Nazionale dell’informatica.
Ecco la sintesi su alcune questioni di particolare interesse ai fini dell’applicazione in ambito aziendale, del nuovo regolamento europeo.
A far data dal 25 maggio 2018, la legge riferimento sarà il GDPR.
Con il nuovo Dlgs, di cui il Governo sta discutendo la bozza per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del presente regolamento, sarà abrogata la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati).
Tale intervento è diretto essenzialmente a settori specifici di attività, quali ad esempio la sanità e la ricerca.
Il GDPR sarà comunque obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Con il nuovo regolmento europeo è stata delineata anche una nuova figura professionale, Data Privacy Officer – DPO, che sarà ritenuta obbligatoria solo in alcuni ambiti.
Dove tale figura sarà obbligatoria, questi potrà essere un consulente esterno all’azienda ma dovrà possedere i requisiti di professionalità, indipendenze e autonomia di spesa, diventando una sorta di auditor interno dei processi di trattamento dei dati personali.
Sarà anche il Soggetto che il Garante contatterà in caso debba acquisire informazioni o formulare contestazioni rivolte a chi tratta i dati personali in azienda.
Il DPO si configura essenzialmente come un esperto conoscitore dei processi e dei dati aziendali oltre che delle norme e tendenzialmente non è da identificarsi né in una figura di Avvocato né di un Informatico.
Non esiste alcuna norma del GDPR che imponga di certificarsi o di aderire ad un codice di condotta anche perché non esiste ad oggi alcun organismo autorizzato dagli organi competenti a rilasciare certificazioni relativamente alla conformità del presente regolamento.
Le attestazioni delle competenze professionali raggiunte o della formazione eseguita possono essere utili per valutare un candidato, ma non rappresentano e non equivalgono a una “abilitazione” allo svolgimento del ruolo del DPO (né interni né esterni).
Il Garante privacy rimanda di sei mesi controlli e relative sanzioni.
Il Garante italiano si pone nella stessa scia del CNIL, l’Autorità garante francese, che ha dichiarato l’istituzione di un grace period durante il quale non sanzionerà le aziende che, a seguito di ispezioni, dovessero risultare inadempienti rispetto ai nuovi obblighi introdotti dal GDPR (purché i titolari siano in buona fede, dimostrino di avere avviato un processo di adeguamento e uno spirito di collaborazione con l’Autorità).
Resteranno sanzionabili le condotte che violano regole già consolidate da tempo nella normativa nazionale e confermati dal GDPR.
Non è definito il quadro sanzionatorio nel dettaglio per mantenere un grado di discrezionalità nell’applicazione.
Il Regolamento distingue le violazioni in due gruppi tali da corrispondere a illeciti più o meno gravi; l’art. 83 del GDPR prevede che “siano in ogni singolo caso effettive, proporzionate e dissuasive”.
L’estensione e il contesto del trattamento, il numero di soggetti interessati e la natura dei dati oggetto di trattamento costituiscono fattori da tenere in debito conto nel determinare l’obbligatorietà della valutazione d’impatto.
Le nomine degli Autorizzati al trattamento (già Incaricati ex D.Lgs 196/2003) sono redatte sulla base delle caratteristiche e delle esigenze aziendali derivanti dalla valutazione d’impatto effettuata.