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GAP TECNOLOGICO? PER IL CYBERCRIME E’ SEMPRE UN VANTAGGIO. LA PAROLA D’ORDINE E’ SAPERSI DIFENDERE.

8 Nov , 2019,
esseti
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Le criticità legate alla maggiore o minore diffusione delle nuove tecnologie, il ruolo della digitalizzazione e della sempre più capillare invasione delle connessioni nelle nostre vite, non è un fattore da demonizzare, se si è consapevoli di quello che significa.

Cyberdefence e digitalizzazione

Questo è un primo e significativo aspetto di cui dobbiamo sempre tenere conto, nell’affrontare con il giusto approccio il tema dell’innovazione e della digitalizzazione, ormai elemento cardine della nostra società e della nostra economia.

E’ quanto è emerso anche in occasione del dibattito, promosso dalla Camera di Commercio di Arezzo e Siena attraverso l’azienda speciale Arezzo Sviluppo, svolto giovedì 7 novembre 2019 presso la sede della Banca d’Italia Sede di Arezzo e in collaborazione con Confindustria Toscana Sud, Punto Impresa Digitale e Clusit.

Nel dibattito si sono confrontati esperti e protagonisti del mondo imprenditoriale, del sistema associativo e delle istituzioni, impegnate su vari fronti a gestire il tema della sicurezza informatica o Cyber Defence.

Da una prima panoramica della situazione del sistema economico-produttivo  locale  sul fronte della digitalizzazione – spiega Giuseppe Salvini, Segretario Generale Camera di Commercio di Arezzo e Siena emerge ancora un freno significativo da parte delle piccole e micro imprese ad investire in una vera trasformazione digitale dei processi produttivi e organizzativi.

Questo elemento ha riflessi negativi sulla produttività delle nostre imprese ma anche sulla capacità di coinvolgere risorse umane con competenze in grado di gestire questo necessario cambiamento.

Tuttavia la mancanza di un coinvolgimento completo nel sistema della digitalizzazione costituisce esso stesso un fattore di rischio.

Nell’analisi complessiva degli interventi è stato infatti evidenziato – Sabina Di Giuliomaria, Responsabile Divisione CERTBI e  Garibaldi Conte, Comitato Scientifico Clusit – che se da un lato è opportuno, necessario e irrinunciabile, comprendere quanto sia ormai rilevante la tecnologia nella nostra realtà e soprattutto nel nostro futuro, dall’altro dobbiamo acquisire sempre più  consapevolezza (awareness) per regolare e proteggere questo nuovo mondo.

L’impatto sullo sviluppo industriale, sulla produzione, sulla mobilità, sulla salute e quindi su tutta la nostra vita quotidiana di crimini informatici, di sabotaggi, di malware introdotti nei sistemi informativi e di tante altre minacce illustrate nel dettaglio dal rapporto CLUSIT 2019, sarà tanto maggiore quanto minore è l’attenzione del sistema economico e sociale al tema della protezione.

Fabrizio Bernini, Presidente Confindustria Toscana Sud Delegazione di Arezzo e Presidente Zucchetti Centro Sistemi Spamette ben in evidenza la necessità da parte del sistema produttivo di essere coinvolta pienamente nel processo di digitalizzazione, ma sottolinea anche che l’atteggiamento verso l’innovazione deve essere configurato all’interno di un quadro di protezione efficace del sistema stesso. Se pensiamo soprattutto al ruolo dell’Intelligenza Artificiale possiamo misurare bene quanto sia rischioso incorrere in  una ”interferenza indesiderata”  ad es. su un auto a guida autonoma o su un dispositivo medico salvavita.

Conquistare il mercato con un prodotto o servizio innovativo non basta. Serve soprattutto sapersi difendere dal suo utilizzo improprio

Sul fronte normativo le Istituzioni più importanti a livello nazionale ed europeo, cercano di stabilire delle regole di salvaguardia che partano dalla tutela delle persone e in particolare dalla tutela dei dati personali.

Questo primo sistema di protezione cerca quindi di responsabilizzare il sistema economico verso la gestione dei dati delle persone, ma le persone sono parte dello stesso sistema economico.   Stefano Susini, Amministratore di Esseti Servizi Telematici evidenzia infatti  come i rischi di Data Breach alle quali le imprese sono sempre più esposte, non solo costituisce un danno economico sotto il profilo del blocco produttivo, della perdita di informazioni necessarie per la gestione aziendale  o della perdita dei clienti, ma anche una reale perdita monetaria dovuta alle sanzioni significative da versare in caso di riscontrata responsabilità nel non aver definito un adeguato sistema di protezione.

Favorire la crescita del sistema economico  e il miglioramento delle condizioni di vita della nostra società attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali e delle loro applicazioni è senza dubbio un aspetto positivo al quale è impossibile sottrarsi.

Ma proprio per questo è necessario mettere in campo tutto quanto necessario, con consapevolezza e con  massima efficacia, per regolare e difendere questo contesto.

Competenze digitali e professioni nell’era dell’industria 4.0. Sicurezza e Big Data

10 Ago , 2018,
esseti
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Siamo davvero preparati ad affrontare i diversi cambiamenti richiesti dal mercato del lavoro? ma soprattutto siamo consapevoli che questi cambiamenti non riguardano solo chi deve iniziare la propria carriera lavorativa?

Fonti: Assinform; Hays; Bitmat; il sole24Ore;

La digitalizzazione e le trasformazioni del modello industria 4.0 stanno infatti cambiando il modo in cui tutti noi lavoriamo come mai era successo prima d’ora.

Per questo dobbiamo dare peso e valore all’ inquadramento delle competenze in tutti i contesti lavorativi, e durante tutto l’arco della vita lavorativa.

Soprattutto in un mondo del lavoro che richiede sempre più flessibilità non solo nell’accesso ma anche nella costruzione della propria crescita professionale.

Tutti i lavoratori, sempre di più, saranno misurati su skill rispondenti alla capacità di gestire la trasformazione digitale.

Il problema principale però è che questo orientamento è ancora troppo poco diffuso nelle imprese, nelle pubbliche amministrazioni, nei cittadini. Ogni aspetto della nostra vita è caratterizzato dall’interazione digitale, illudendoci di poterne gestire il controllo e la capacità di gestione.

Le aziende devono dimostrare di saper programmare le proprie necessità di collaboratori per il futuro, poiché i loro migliori competitors lo stanno già facendo. Dal canto loro i professionisti devono fare tutto quello che è in loro potere per rimanere nel mercato del lavoro per molti anni a venire.

I cambiamenti legati alle nuove normative in diversi mercati e il continuo focus sulla trasformazione digitale, stanno portando alla luce aspretti significativi sul fronte delle competenze ma anche delle nuove figure professionali.

Ci sarà soprattutto aumento di richieste per leader che possono testare i nuovi sistemi tecnologici, al fine di assicurane affidabilità, provvedere soluzioni in caso di attacco informatico e tenerli sempre aggiornati, facendoli rimanere in linea con le nuove tendenze del mercato.

Profili come  Chief Cyber Security Officers (CCSOs) per supervisionare l’organizzazione relativamente alla cyber security e il team di ingegneri che la implementeranno, sono un esempio significativo di questa nuova tendenza.

La gestione della Sicurezza e della Privacy

Sulla spinta del General Data Protection Regulation (GDPR) attualmente recepito in Italia e in Europa, le aziende ricercano molti esperti in governance dei dati.

E’ stato stimato che questo regolamento creerà all’incirca opportunità di lavoro per 75.000 profili di Data Protection Officer nel mondo. Il GDPR impone limiti sui dati da processare e sulla profilazione degli utenti/consumatori, aumentando la responsabilità delle aziende nel conservare e gestire i dati personali.

E’ un momento vitale di legislazione e ogni leader di impresa dovrebbe capirne l’impatto, perché sarà profondo.

Purtroppo molte imprese devono ancora comprenderne la rilevanza e la portata del fenomeno e i Dirigenti dovranno dimostrarsi all’altezza di affrontare la situazione. Per questo stanno emergendo nuovi profili dirigenziali in grado di gestire una sempre più complessa composizione di dati e comportamenti degli utenti, abbattere le barriere con le aziende, migliorare l’esperienza del consumatore e innovare le aree a più alta domanda.

Gestire e analizzare i dati

I Big Data alimentano quindi la creazione di prodotti e sistemi sempre più avanzati e le c.d. AI (Artificial Intelligence)  e questo processo diventa il nuovo vero cuore delle aziende.

In questo contesto emergono quindi le richieste verso profili che siano in grado di sviluppare questi sistemi per garantire alle aziende la costruzione di un asset vitale, quello della raccolta e gestione delle informazioni, ormai riconosciuto come patrimonio da valorizzare nel modo più proficuo possibile.

I Big Data stanno guidando la richiesta di personale per molti settori di mercato e per specifici ruoli.

Risultano essere infatti i più ricercati dalle aziende per gestire per vendite e marketing

Secondo le previsioni di Kelly Services, in ambito sales & marketing assisteremo nel corso del 2018 a una forte domanda di professionisti con queste competenze e di alcuni specifici ruoli in particolare. Il Digital Crm Manager, per esempio, è un profilo che ha acquistato importanza con la proliferazione dei dati social in azienda, sotto forma di like, retweet, commenti, cookie di navigazione. Interazione con la tecnologia. accessibili ad una nuova parte della popolazione e offrono al contempo un diverso modo di rapportarsi con gli utenti già esistenti.

Nelle direzioni commerciali emergono anche Profiling Manager che hanno il compito di organizzare al meglio i dati raccolti in area Crm e profilare nuovi segmenti di clientela con cui instaurare la migliore relazione, sia online che offline.

In stretto legame con queste figure, molto richiesti risultano quindi i  Digital Strategist che in qualità di esperti conoscitori di Internet, delle infrastrutture digitali dei nuovi media e dei social network, hanno il compito di realizzare le strategie di fidelizzazione e acquisizione.

L’importanza degli skill digitali è tuttavia evidente per tutti i settori lavorativi e produttivi.

Con riferimento a quanto emerge dall’Osservatorio delle Competenze Digitali 2018, condotto da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia, in collaborazione con MIUR e AGID, il peso delle competenze digitali cresce in tutti i settori produttivi con un’incidenza media del 13,8%, ma con punte che sfiorano il 63% nelle aree “core” di Industria e il 41% nei Servizi.

La prima sfida però da compiere è quella della revisione delle priorità strategiche.

Come abbiamo evidenziato in apertura infatti la transizione ad un approccio “digitale” è ancora a un livello troppo basso nella scala di queste priorità  priorità  e bisognerà lavorare ancora per aumentare tale consapevolezza.

Innovation 7. Iniziano da Torino gli incontri G 7 dedicati alle strategie di Innovazione

19 Set , 2017,
esseti
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G7 Innovazione e ICT

L’engagement group lanciato durante il Vertice di Taormina, rappresenta una prima assoluta, con i ministri del Lavoro, della Scienza e dell’Industria che si avvincenderanno per i tre meeting in sequenza, nella settimana che va dal 24 al 30 settembre

Fonti: Innovationpost.it; g7italy.it; MISE

G7 Innovazione e ICT

Come previsto dal calendario del G7 sotto la Presidenza Italiana , si svolgeranno a Torino gli incontri dedicati all’Innovazione, ICT e Scienza.

Le riunioni organizzate nell’ambito dei programmi del G7 2017, sono organizzate a livello ministeriale dalle principali democrazie mondiali, con l’obiettivo di coordinare le strategie comuni su sviluppo industriale legato alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Le linee di riferimento per la realizzazione di queste strategie passano dalla necessità di ridisegnare la società e il mercato del lavoro alla luce dell’impatto delle nuove tecnologie.

La tecnologia costituisce il primo diffusore della globalizzazione economica rendendo evidente la necessità di affrontare le  sfide che l’innovazione pone in modo condiviso a livello  internazionale.

Parole chiave: inclusione, apertura e sicurezza

Per questo i governi dovranno adottare piani in grado di rendere accessibile e fruibile l’utilizzo della tecnologia a tutti i livelli , ma allo stesso tempo dovranno disegnare efficaci strategie per la sicurezza,  per minimizzare i rischi derivanti dalla maggiore diffusione delle tecnologie, sia per i cittadini che per il sistema economico.

Temi e programmi

Ribattezzato I-7, lo Strategic Advisory Board to G7 Leaders on People-Centered Innovation, avrà il compito di lanciare ai governi un invito all’azione, richiamando l’attenzione sul divario tra il potenziale offerto dal progresso tecnologico e l’effettivo utilizzo da parte delle istituzioni.

La struttura dell’Advisory Board prevede che ciascun paese del G7 e l’Unione Europea nominino un Referente, incaricato di selezionare un gruppo costituito da cinque innovatori.

Il Referente italiano è Diego Piacentini, Commissario per la Trasformazione Digitale.

I lavori del I-7, si concentreranno sulle opportunità che derivano dalla diffusione dell’intelligenza artificiale, sul valore dei big data e sui nuovi profili lavorativi che nascono di pari passo alle tecnologie digitali.

 

L’Italia presenta la fase due del piano industria 4.0

Nell’appuntamento di Torino il  ministro Carlo Calenda farà il punto sul piano industria 4.0 e in particolare  presenterà  la cosiddetta  fase due del piano, integrato nella manovra di bilancio.

Fase molto importante sarà quella della realizzazione dei nuovi Bandi per i Competence Center.

Si tratta di strutture da realizzare attraverso la partnership di imprese e centri di ricerca con l’obiettivo di veicolare al meglio l’innovazione attraverso il sistema imprenditoriale ed economico del Paese.

Su questo versante sono  stati accantonati 15 milioni di euro di investimenti per il 2017 e altrettanti per il 2018.

 

Big Data e Business Intelligence: Un lusso non per pochi.

27 Nov , 2015,
esseti
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Così anche le aziende italiane cercano di prendere le decisioni migliori.La crescita del mercato italiano dei Big Data Analytics.

Fonte: Osservatori.net Digital Innovation; Corriere Comunciazioni; Nòva Il Sole 24


big-data-1La competitività delle aziende, ormai non solo più delle Grandi, si gioca sempre di più intorno alla capacità di “prevedere” e “decidere” al momento giusto. Questo in sostanza il ruolo svolto dalle metodologie Big Data e Business Intelligence.

Per questo oggi il potenziale strategico della gestione aziendale è legato alla possibilità di aumentare l’efficacia nei processi decisionali.

L’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence, che ha presentato di recente il rapporto annuale, indica che il mercato italiano degli Analytics vale 790 Milioni di euro, con un incremento del 14%, di cui gran parte concentrato sul Big Data Analytics.

Se da un lato le imprese italiane hanno compreso ormai l’importanza di estrarre insight dai dati, dall’altro sono ancora lontane da applicare vere e proprie strategie di data driven. La partita sarà quindi rilevante su come sia possibile utilizzare al meglio la “materia prima” o il “semi lavorato”, ovvero decidere se applicare sistemi di gestione dei dati in forma strutturata o destrutturata.

Si può dire ormai che ci stiamo avviando verso l’era in cui la vera ricchezza non è costituita più dalle risorse materiali e finanziarie generate o realizzate, ma dalle informazioni raccolte. Maggiori sono le fonti informative disponibili, maggiore è la possibilità di ridurre i margini di errore nelle decisioni. Le aziende italiane comprendono ormai che gli Analytics rappresentano una fonte di vantaggio competitivo e uno strumento di evoluzione del modello stesso di impresa. Ma come utilizzare al meglio le motodologie per gestirle?

L’indagine dell’Osservatorio indica che l’orientamento prevalente (84% del campione analizzto) è verso l’utilizzo dei dati strutturati, ma in previsione saranno sempre più rilevanti quelli destrutturati. Probabilmente i contesti di applicazione giocheranno un ruolo importante in questo senso, così come l’organizzazione aziendale e le professionalità coinvolte.

Nei risultati della ricerca dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School Management del Politecnico di Milano* (www.osservatori.net) emerge come “Le imprese e la pubblica amministrazione siano ormai consapevoli che quanto il patrimonio di dati permetta di estrarre preziosi suggerimenti per ottimizzare le decisioni future. Tuttavia, oggi è il momento di evolvere da preziose ‘insight’ basate sui dati ad una sistematica strategia ‘data-driven’ che permetta di acquisire vantaggio competitivo e di monetizzare servizi a valore aggiunto basati sull’analisi dei dati” . Così commenta Carlo Vercellis, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Big Data Analytics e Business Intelligence.

Ecco che diventa necessario un percorso di “evoluzione delle organizzazioni verso un approccio integrato, quello che abbiamo chiamato Big Data Journey” avverte Alessandro Piva, Responsabile della ricerca dell’Osservatorio Big Data Analytics e Business Intelligence . “Serve una pianificazione strategica con una visione di lungo periodo, la ricerca di competenze e modelli di governance innovativi, nuovi approcci tecnologici e nuove modalità di gestione dei dati”

Si tratta ormai di un orientamento che tutte le imprese devono in qualche modo seguire, non solo un “lusso” per medio-grandi aziende, quindi. Le attuali condizioni di mercato, le nuove opportunità tecnologiche e le spinte anche di politica economica dovranno spingere le PMI a sperimentare e ad investire di più e meglio in questi sistemi che, per il management d’azienda, diventano vere e proprie “librerie” di conoscenza aziendale interna ed esterna.

Il 26% delle organizzazioni si è dotata di un Chief Data Officer, il 30% ha nel proprio organico figure di Data Scientist, anche se la responsabilità degli Analytics in maggioranza resta al CIO o altro decisore IT.

In base ai dati emersi, la funzione aziendale che utilizza maggiormente soluzioni di Analytics si conferma quella del marketing & vendite (77%), seguita da amministrazione, finanza e controllo (76%), sistemi informativi (60%), acquisti (55%), produzione (44%), supply chain (43%), risorse umane (31%), ricerca & sviluppo (20%).

Interessante riflessione si apre però sulla valutazione sull’utilizzo dei dati e sulla loro efficacia.

I dati a disposizione delle singole funzioni sono principalmente generati dalla funzione stessa (47%) o da altre aree aziendali (37%), mentre solo il 16% proviene da fonti esterne. Gli strumenti di analisi dati più utilizzati sono quelli di visualizzazione dati e informazioni (65%) e quelli per la produzione di reportistica (68%). Solo il 19% ritiene che le soluzioni di analisi dei dati forniscano un supporto efficace alle proprie necessità, mentre il 40% giudica il supporto appena sufficiente, il 25% nullo, il 16% pensa che siano troppo numerose ed eterogenee.

Per cogliere appieno le opportunità offerte dagli Analytics, sempre più organizzazioni stanno introducendo nuovi ruoli di governance, come il Chief Data Officer – presente oggi nel 26% delle organizzazioni – o nuove figure professionali come il Data Scientist – presente nel 30% -, anche se nella maggior parte dei casi queste figure non sono non ancora codificate formalmente.

Rispetto allo scorso anno, vi è una crescita notevole della diffusione di queste figure, a conferma di una maggiore maturità e consapevolezza delle aziende. Ad oggi, tuttavia, il responsabile delle attività di controllo e gestione dei sistemi di Analytics si conferma essere il CIO o un IT decision maker nel 52% delle organizzazioni, mentre nel 22% è il Business intelligence manager. I casi in cui la responsabilità è in mano al Chief Data Officer o a un Data Scientist sono marginali (4%).

E’ chiaro quindi che il quadro degli investimenti futuri delle aziende (+44% previsto per il 2016) sarà sempre più orientato verso questi orizzonti, sia in termini di tecnologie da implementare che di risorse umane impiegate. Le competenze per la gestione dei Big data sono ritenute la sfida organizzative più rilevante per la trasformazione digitale delle imprese nell’anno in corso secondo il 22% dei CIO.

La ricerca ha coinvolto dell’Osservatorio, ha coinvolto 91 Cio, Responsabili IT e 160 c-level di altre funzioni di medie e grandi organizzazioni, e ha analizzato oltre 100 player dell’offerta tramite interviste dirette o fonti secondarie.

Le iniziative di Business intelligence sono ampiamente diffuse tra le aziende italiane (nel 48% delle aziende analizzate sono già utilizzate a regime) mentre molto più rari sono i sistemi di Big Data per cui non ci sono ancora progetti avviate per la maggior parte del campione analizzato (56%)

Analizzando gli ambiti applicativi di Analytics si possono identificare diversi livelli di maturità:

  • In crescita: molto diffusi e con interesse potenziale alto, il CRM analytics (presente nel 56%), finance & accounting analytics (52%), top management dashboard Solutions (41%);
  • Emergenti: poco diffusi ma con interesse potenziale elevato, e-commerce analytics (18%), customer experience analytics (11%), Social & Web analytics (7%);
  • Nicchie: di particolare interesse per alcuni settori, come Security analytics (8%), telcommunication analytics (8%), transportation analytics (2%);
  • Consolidati: con buoni tassi di diffusione ma tassi di crescita limitati, come Supply chain analytics (29%), Human Resources analytics (26%), production planning & Sales (26%).

 


La nuova rivoluzione industriale: Smart Manufacturing

6 Ago , 2015,
esseti
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La digitalizzazione non è solo una questione di comunicazione, ma è soprattutto una questione produttiva.

Fonti: Osservatori.net, Smart Manufacturing, Lo Smart Manufacturing che rilancia l’Italia, 2 AGOSTO 2015  di Barbara D’Amico, Smart factory, servono 90 miliardi l’anno nell’Ue per la quarta rivoluzione industriale, 26 febbraio 2015 di  Flavio Fabbri 

smart

La sfida della competitività industriale si gioca su un nuovo modo di produrre e lavorare, con l’obiettivo di velocizzare il  processo lavorativo, ottimizzare i costi e il risparmio energetico. In poche parole l’obiettivo della produzione indusriale oggi è quello di avere una produzione “intelligente” che sa svincolare le inefficenze operative e utilizzare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie per essere un “passo avanti” nelle scelte.

Quanto è importatante oggi l’informazion

e? l’espansione della digitalizzazione e la modifica delle abitudini sociali legate all’avvento delle nuove tecnologie informatiche ha prodotto e imposto un nuovo schema operativo.

Le economie c.d mature, si basano su un’approccio ormai caratterizzato dall’integrazione di informatica,  automazione,  internet delle cose. Le applicazioni dell’ICT sono diventate essenziali in diversi campi economici e manifatturieri. Ogni cosa ormai è chiamata ad essere Smart. Un modello intelligente di produzione abbastanza flessibile in grado di rispondere, ma forse ancora più di prevedere,  alla domanda dei consumatori globali portando innovazioni nei modelli di vita. Questo modello cambierà radicalmente i processi di sviluppo dei nuovi prodotti  della loro produzione, della loro distribuzione e vendita nonchè i contesti lavorativi favorendo la sicurezza dei lavoratori e permetterà un maggiore controllo sull’ambiente senza oneri burocratici e di costi di gestione.

L’adozione di software gestionali per la raccolta e l’elaborazione dei dati relativi al lavoro dei macchinari è un vantaggio enorme per le grandi industrie. Così come i sistemi che permettono ai dipendenti di lavorare da remoto allo stesso progetto utilizzando una piattaforma virtuale. In questo modo, profilati, auto, componenti per l’edilizia e la medicina, ma anche elementi per il design e l’architettura possono essere realizzati con un grado di innovazione che fa bene non solo alle tasche delle imprese ma anche al mercato del lavoro. Ingegneri informatici, data scientists ed esperti di automazione e robotica sono tra le figure più ambite dalla manifattura industriale.

Si sta verificando una graduale contaminazione che a partire dalle grandi imprese di produzione (in particolare macchinari, automotive, aereonautica) sta velocemente interesando in maniera sempre più significativa tutto l’ambito manifatturiero.

Il settore manifatturiero in Italia determina il 20% del PIL nazionale ed è la seconda manifattura europea. Si tratta quindi di un settore che è in grado di determianre le sorti dello sviluppo economico del nsotro Paese e che rappresenta una delle nostre eccellenze. E’ qui che infatti si concentrano gli sforzi per favorire l’innovazione, la Ricerca e Sviluppo, le applicazioni delle nuove tecnologie.

Come spiega un approfondito studio condotto dall’Osservatorio Manufacturing (www.osservatori.net) del Politecnico di Milano, la “quarta rivoluzione industriale”,  quella dello smart manufacturing,  è solo la naturale fase evolutiva della manifattura industriale. Uno stadio in cui app gestionali e tecnologie cloud stanno creando un nuovo modo di lavorare e produrre componenti e materiali, abbattendo costi e migliorando il risparmio energetico. Con il vantaggio di spianare la strada a figure professionali e di aumentare il grado di competitività delle imprese.

Gli obiettivi di questo nuovo paradigma tecnologico ed economico sono molteplici: raggiungere l’efficienza energetica, ridurre l’impatto ambientale (che ha un costo), ottimizzare le risorse disponibili (a partire da quelle del territorio), rendere più veloci e flessibili i processi produttivi, ridurre i costi, aumentare la produttività e la competitività, introdurre l’innovazione tecnologica negli impianti.

Soluzioni ad alto contenuto tecnologico che dovranno convergere in una strategia industriale orientata alla fabbrica intelligente (smart factory), quindi dotata di sistemi orientati alla cyberfisica, di infrastrutture wireless, di tecnologie IoT e M2M, di piattaforme per il cloud computing e la Human Machine Interface, di Additive Manufacturing (stampa 3D), di robots, di sensoristica digitale, Big Data Analytics, Wearable Devices e Advanced Automation per citare le più significative.

Nel rapporto 2014-2015 dell’Osservatorio del politecnico di Milano emerge in maniera significativa come il comparto manifatturiero italiano, stia finalmente uscendo dalla crisi economica, anche grazie alla digitalizzazione in corso nei suoi processi. Putroppo però non esiste ancora in Italia un vero e proprio sistema di sostegno, stabile e continuativo. Se da un lato le imprese italiane, virtuose, hanno iniziato ad investire nelle tecnologie Smart Manufacturing, «La situazione dello Smart Manufacturing in Italia mostra luci e ombre – commenta Giovanni Miragliotta, Responsabile della ricerca dell’Osservatorio –. I dati mostrano che le medie e grandi imprese italiane sono già attive sul tema, ma emerge l’assenza di una visione strategica, sia a livello di singola impresa sia di Paese. Fare Smart Manufacturing non è adottare questa o quella tecnologia, ma saper ‘orchestrare’ il digitale per trasformare i processi industriali come è accaduto nel terziario avanzato».