Category Archives: Soluzioni IT

Whistelblowing ultima chiamata

4 Lug , 2023,
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Entro il prossimo 15 Luglio le Aziende con più di 250 dipendenti dovranno implementare i sistemi di comunicazione conformi agli standard della normativa

Whistleblowing ultima chiamata

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Di cosa si tratta?

Il 10 marzo 2023 è stato approvato il decreto n. 24 che recepisce la direttiva Whistelblowing

La nuova disciplina è quindi già  in vigore a partire dal 30 marzo 2023 per tutti gli enti pubblici e per le società pubbliche o private con un modello organizzativo 231

In realtà anche se non hai adottato il modello organizzativo 231, dovrai applicare le prescrizioni normative entro le prossime scadenze.

–         dal 15 luglio SE LA TUA AZIENDA RAGGIUNGE il numero di 250 dipendenti

–         dal 17 dicembre SE LA TUA AZIENDA RAGGIUNGE Il numero di  50 dipendenti

La Direttiva europea sul Whistleblowing ha lo scopo di definire un quadro di tutela dei cittadini europei, in relazione alla possibilità di segnalare violazioni e illeciti in contesti sia lavorativi che di gestione di servizi pubblici.

 

Quali sono i soggetti interessati?

I primi interessati sono quindi tutti i cittadini che, venendo a conoscenza di pratiche illecite, sia nel proprio contesto di lavoro sia in contesti diversi, può segnalare in forma anonima queste situazioni ai diretti interessati.

Si tratta quindi di segnalazioni che mettono in condizioni le aziende e gli enti pubblici di poter prevenire o correggere tempestivamente atti e pratiche dannose e sicuramente lesive del proprio contesto e della propria reputazione.

Chi deve applicare il sistema e la procedura che permette al cittadino di effettuare queste segnalazioni sono quindi:

  • Pubbliche amministrazioni
  • Aziende con più di 50 dipendenti
  • Chi ha adottato il modello organizzativo 231
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Cosa significa Whistelblowing?

La traduzione del termine è Segnalante.

E’ la persona che spontaneamente rivela un illecito o di un’irregolarità commessa all’interno di un contesto lavorativo, sia pubblico che privato.

Il segnalante spesso è un dipendente ma può anche essere una terza parte, per esempio un fornitore o un cliente.

  • Si parla di whistelblowing “interno” quando la segnalazione viene fatta da un dipendente dell’azienda attraverso canali di segnalazione interni all’azienda.
  • Si parla di whistelblowing “esterno” quando la denuncia viene fatta pubblicamente, ad esempio all’autorità giudiziaria o alla stampa.

Sicuramente gestire la whistelblowing “interna” è decisamente l’opzione migliore.

Ecco perchè è fondamentale per le aziende mettersi nella condizione di poter adempiere alla prescrizione normativa non tanto perchè esiste anche un risvolto di penalizzazione int ermini di sanzione, ma anche perchè consente di adottare uno strumento di monitoraggio molto importante che potrebbe mitigare efficacemente rischi ben più gravi.

Come si fa una segnalazione whistleblowing?

Attraverso una piattaforma specifica utilizzabile anche in modalità SaaS, che grazie ad un software conforme alla normativa e approvato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, consente di ricevere le segnalazioni con il requisito fondamentale di conservare l’anonimato dei Segnalanti.

E’ un sistema di comunicazione digitale a cui tutti possono accedere e che permette di inviare segnalazioni di illeciti con la garanzia di mantenere l’anonimato per volontà di chi effettua la segnalazione. Può essere messa a disposizione sia a dipendenti che ad altri soggetti esterni.
Piattaforma Whistelblowing
Che cos'è?

Perchè è necessario dotarsi di un software o piattaforma di whistelblower?

1.    Per non rischiare di andare incontro a pesanti sanzioni soprattutto in concomitanza dello scoppio di un eventuale caso di corruzione interno.

2.    Per educare i propri dipendenti e gli stakeholder esterni (come fornitori, clienti, ecc.) alla cultura della segnalazione, rafforzarne la fiducia e prevenire rischi imprenditoriali e reputazionali.

3.    Per adottare misure idonee a identificare e risolvere sul nascere problematiche o illeciti che potrebbero portare a gravi conseguenze se non risolti in maniera tempestiva.

4.    Per evitare che prima che all’azienda interessata, le segnalazioni arrivino in altra forma ad organismi esterni collegati, compromettano di conseguenza la reputazione dell’azienda

Quanto costa implementare una Piattaforma di whistleblowing?

Le piattaforme disponibili sul mercato sono diverse ma tutte devono avere standard specifici in linea con la normativa. In generale si tratta di costi contenuti, anche se in fase di implementazione vanno considerati i costi di start up del sistema.

In genere si può parlare di meno di € 3,00  al gg. per i servizi in modalità SaaS.

Canone annuali a partire da meno di mille euro e un investimento inziale di start Up e configurazione di importo simile.

Nessuna installazione Hardware per il servizio in modalità SaaS.

Un sistema di whistleblowing comporta solamente dei costi per le aziende?

Uno studio condotto da EQS Group e dall’Università di Coira ha dimostrato che un’azienda ogni anno subisce una perdita pari al 7% del proprio fatturato a causa di crimini finanziari come frodi, appropriazione indebita o corruzione.

Su 1 milione di euro di fatturato abbiamo la probabilità di rilevare una perdita di 70.000 euro.

Individuando in maniera tempestiva anche solamente il 10% di possibili reati tramite segnalazioni interne, è possibile risparmiare 7.000 euro all’anno.

Con € 5 al giorno, un azienda che fattura 1 milione di euro, può evitare una perdita € 7000,00

Quali risorse dovranno essere impiegate per gestire il sistema di segnalazione?

Per gestire una sistema di whistelblowing sarà necessario individuare una persona che possa assumere il ruolo di Istruttore per verificare, dalla dashboard della piattaforma,  le segnalazioni pervenute e avviare le successive procedure di verifica.

La piattaforma può gestire il processo di segnalazione attraverso le funzioni predisposte per altri soggetti con ruoli esterni, che non impegnano l’organizzazione aziendale, come il Detentore delle Chiavi, l’amministratore della piattaforma.

Ma dal momento che metto a disposizione questo sistema, rischio di molte segnalazioni?

Ti auguriamo ovviamente di ricevere solo quelle importanti

Studi specifici stimano la ricezione di segnalazioni in media con un valore che si aggira attorno all’ 0,008 % sul numero di addetti, all’anno

Prendendo l’esempio di un’azienda che impiega 1000 addetti, il numero complessivo di segnalazioni in un anno si aggirerà verosimilmente intorno ad 8.

equilibrio

Il Valore delle Segnalazioni

Ricordate un principio importante.

Se non state ricevendo segnalazioni non significa che non ci siano criticità, ma probabilmente perché la cultura aziendale non è ancora matura a sufficienza per riportarle.

E’ fondamentale quindi che le imrpese si concentrino anche sull’importanza della Formazione, sulla diffusione della conoscenza dei principi che spingono ad attivare questi processi. In altre parole a sensibilizzazione le persone, favorendo la fiducia verso l’utilizzo di opportuni strumenti di segnalazione, tutelati e regolamentati. Solo creando questo rpesupposto è possibile aumentare  la propensione dei propri stakeholder ad nviare informazioni che consentiranno di identificare e risolvere i problemi emergenti.

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Progetto QUASAR – QUantitative Analysis for Services and Assets Reliability

24 Ago , 2021,
esseti
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RS2020 – POR  CREO FESR 2014-2020

Progetto co-finanziato dal POR CreO FESR Toscana 2014-2020 – Azione 1.1.5 – Sub-azione a1 – Progetti di ricerca e sviluppo delle MPMI RS2020 – Bando 2

ESSETI SERVIZI TELEMATICI S.R.L. è partner del progetto “QUASAR – QUantitative Analysis for Services and Assets Reliability”

Una molteplicità di realtà industriali e manifatturiere, operanti in ambiti “business critical” (e.g., Smart City, Industrial Manufacturing, Environmental Monitoring), hanno intrapreso un percorso di innovazione e maturazione spesso confluito nell’adozione di sistemi hardware/software “complessi” tali da rispondere dinamicamente ai cambiamenti dettati dall’evoluzione dei processi interni garantendo un continuo allineamento tra sistemi IT/OT e business aziendale.

Il progetto QUASAR intende sviluppare una piattaforma a supporto della digitalizzazione dei processi di asset management in contesti di Industria 4.0 promuovendo un avanzamento del framework JARVIS, mediante metodi quantitativi di analisi diagnostica e predittiva basati su dati e su modelli derivati da artefatti della pratica industriale e connettendo la rappresentazione dei digital twin di un asset con quella dei workflow di operazione e manutenzione, attraverso un’architettura software adattabile a una varietà di tipologie di prodotti, linee di prodotto e configurazioni specifiche.

Ciò sarà realizzato facendo leva su soluzioni software “enterprise” avanzate:
un “Libretto di impianto” digitale, inteso come rappresentazione eseguibile in grado di caratterizzare gerarchie di sistemi complessi, sia in termini di product line sia in termini di logiche di propagazione dei fallimenti, e corredato da informazioni quali osservazioni e misure delle condizioni operative e logistico-geografiche degli asset interni;
una estensione dei moduli di Workflow e Trouble Ticketing del prodotto AskMe Desk di LASCAUX, realizzando un sistema di IT Asset Management compliant ITIL 4 integrato con il “Libretto di impianto” digitale;
un ecosistema di agenti di analisi in grado di compiere valutazioni di reliability degli asset a “runtime”, al fine di monitorare il corretto funzionamento a regime, e “offline”, al fine di supportare la progettazione o il raffinamento di sistemi nuovi o preesistenti;
un ambiente “cloud” per il rilascio e l’esecuzione secondo il paradigma dettato da architetture orientate ai servizi.

Il progetto realizzerà un prototipo di moduli SW atto a finalizzare un’istanza concreta della piattaforma, compiendo sperimentazioni in contesti operativi business critical (Smart City, filiere di produzione quadri elettrici, servizi di telecomunicazione).

QUASAR, mirando a valorizzare i risultati della ricerca del sistema manifatturiero toscano, risulta coerente con la roadmap tecnologica Applicazioni e servizi ICT per l’industria ed il trasferimento tecnologico (cloud computing, business intelligence, smart manufacturing).

Il progetto è realizzato da un’associazione di imprese e organismi di ricerca con competenze diversificate: software e sistemi informativi (LASCAUX, UNIFI-DINFO), sistemi HW/SW per Smart City (SISMIC), asset e workflow management (ESSETI, LASCAUX), esperienza tecnico-scientifica nell’ambito di modelli, metodi quantitativi, di machine learning, e di Ingegneria del SW (UNIFI-DINFO).

Costo totale del progetto: 1.499.275,45 €

Contributo totale concesso: 674.673,95 €

Contributo totale concesso Partner Esseti: 63.950,06 €

Partner Promotori del Progetto:

digitalizzazione dei processi

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Piano Transizione 4.0. Come ottenere il Credito d’imposta per le imprese che investono in macchinari e impianti

12 Ago , 2021,
esseti
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Fino al 31 Dicembre 2021 è possibile richiedere l’applicazione del credito d’imposta al 50% a fondo perduto per acquisit impianti e macchinari

 

Transizione 4.0 credito d'imposta

Perchè richiederlo ora?

Se hai effettuato un acquisto o intendi acquistare impianti e macchinari necessari alla digitalizzazione dei tuoi processi aziendali e produttivi, con il , Nuovo Piano Nazionale Transizione 4.0 sono  è possibile usufruire dell’aliquota del 50% per l’applicazione del credito d’imposta fino al 2021.

Per il 2022 l’aliquota scenderà al 40%.

Per poter presentare la richiesta, gli impianti e i macchinari oggetto dell’investimento devono rispettare specifici requisiti tecnologici per cui  occorre produrre una perizia asseverata da parte di un tecnico.

Esseti può aiutarti a seguire il procedimento e la presentazione della richiesta in collaborazione con il tuo commercialista,  per quanto riguarda:

la valutazione dell’investimento

la gestione e verifica dei fornitori hardware e software

la gestione dell’ interconnessione

E’ importante poter utilizzare subito questa opportunità, poichè   nel 2022 l’agevolazione scenderà al 40%.

Questo vorrebbe dire ad esempio, che per un macchinario del valore di 500.000 Euro  si perdono 50.000 Euro di contributi.

L’opportunità più interessante però riguarda le PMI.

In questo caso le piccole imrpese possono  cumulare gli effetti della Sabatini, aggiungendo un ulteriore 10%  a fondo perduto di credito d’imposta e arrivare quindi ad un totale del 60%.

Altre opportunità inserite nel Piano Transizione 4.0 sono i  Crediti per ricerca e sviluppo e Credito Formazione 4.0.

Vedi la documentazione del Mise: Presentazione, Slide

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MyGDPR: il portale per la gestione Smart della privacy aziendale

16 Feb , 2021,
esseti
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Con il portale MyGDPR di Esseti, da oggi puoi gestire comodamente gli adempimenti Privacy con un click.

 

Il Portale Smart per la gestione della Privacy

Cosa puoi fare con il Portale MyGDPR?

Definire il tuo Archivio documentale sempre aggiornato, con la possibilità di creare e personalizzare la documentazione richiesta dalla normativa.

Generare il registro dei trattamenti in base alla tua mappatura dei dati ed estrarre informative aggiornate

Realizzare direttamente la Valutazione dei Rischi e analizzare il livello di sicurezza adeguato alla tua struttura

Utilizzare di modelli di DPIA precaricati, personalizzabili per gestire il procedimento di validazione dei tuoi dati aziendali.

Gli adempimenti per la gestione della Privacy aziendale richiedono spesso un controllo e un aggiornamento costante, soprattutto in contesti dove la natura dei dati trattati per lo svolgimento delle normali attività aziendali, ha un impatto significativo.

Oltre quindi ad una corretta gestione delle policy aziendali, definte in coerenza con la complessità e le caratteristiche dei vari contesti, è importante predisporsi di strumenti che massimizzano l’efficacia dei processi di gestione e soprattutto ne facilitino il controllo.

Con l’accesso al Portale GDPR MyGDPR potrai gestire la tua policy privacy aziendale in tutta sicurezza, organizzando in maniera semplice e veloce tutti i processi di gestione e controllo della documentazione e l’analisi di rischio.

Inoltre, puoi integrare i servizi del portale con piani personalizzati che includono servizi aggiuntivi in tema di privacy.

Smart working: privacy e sicurezza nel contesto dell’epidemia di COVID-19

24 Apr , 2020,
esseti
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L’emergenza del COVID-19 ha accelerato l’adozione, su tutto il territorio nazionale, delle misure di lavoro agile, il cosiddetto “smart working” (introdotto per la prima volta dalla Legge n. 81 del 2017), al fine di evitare gli spostamenti e contenere i contagi.

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A causa del modo improvvisato con cui il sistema produttivo italiano si è avvicinato a questa modalità di lavoro, le aziende e le persone potrebbero non essere pronte ad avvalersene correttamente. Il “lavoro agile”, infatti, richiede un sapiente utilizzo dell’innovazione digitale, una gestione integrata ed un’evoluzione dei modelli organizzativi aziendali di cui la privacy è parte integrante, per via del ruolo di primo piano rivestito dalla tecnologia.

Le modalità flessibili di lavoro smart, in generale, consentono di migliorare la produttività delle imprese e di usufruire di diversi incentivi fiscali, oltre a permettere ai lavoratori una migliore conciliazione tra lavoro e famiglia, producendo pertanto maggiori opportunità per le imprese e per loro stessi. Dall’altro lato, però, l’improvviso utilizzo dello smart working espone a maggiori rischi informatici i dispositivi aziendali, ma anche quelli personali, spesso usati in questa circostanza per necessità lavorative.

A partire dall’inizio del contagio del Coronavirus sono in constante crescita attacchi informatici come ad esempio l’invio di e-mail sospette, tutte riferite all’attuale situazione d’emergenza, in cui vengono richieste credenziali e dati personali (phishing) o che contengono allegati o link dannosi. Questo dato evidenzia quanto i criminali informatici, sfruttando le notizie globali e la situazione d’emergenza sanitaria, si approfittano delle persone che cercano informazioni sul contagio e che sono per questo più propense a cliccare su link potenzialmente dannosi o a scaricare allegati che si rivelano indesiderati.

In questa condizione, il datore di lavoro è tenuto a prestare adeguata attenzione a diversi aspetti inerenti l’uso delle nuove tecnologie. Deve continuare a mantenere, seppur a distanza, contatti con i propri dipendenti portando avanti il lavoro quotidiano, nel rispetto dei limiti fissati dallo Statuto dei Lavoratori. L’articolo 4 ha una particolare rilevanza quando si parla di lavoro agile, perché fissa un principio cardine: sono vietati l’installazione e l’uso di strumenti tecnologici e sistemi in grado di controllare a distanza lo svolgimento dell’attività lavorativa del dipendente, a meno che il ricorso a questi non sia stato prima siglato con un accordo sindacale o sia autorizzato dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Lo Statuto, nato nel 1970, è stato interpretato in maniera evolutiva dalla giurisprudenza e dagli orientamenti del Garante della Privacy e ha finito per comprendere anche un controllo sugli strumenti digitali dei lavoratori: dai sistemi di rilevazione della posizione fino ai software che monitorano in maniera costante l’uso che viene fatto di internet. La riforma del 2015 (Jobs Act) ha poi aggiunto che, anche se lo strumento di controllo a distanza è lecitamente installato, il datore di lavoro deve preventivamente informare il lavoratore agile sulla possibilità di eseguire controlli sulla sua prestazione.

Non c’è, comunque, un divieto “assoluto” di controllo sul lavoratore da parte del datore; se quest’ultimo ha il fondato sospetto che il dipendente stia commettendo degli illeciti, può svolgere controlli mirati, anche a distanza, a patto che siano proporzionati e non invasivi, e che riguardino beni aziendali (il PC fornito dal datore, la casella di posta aziendale, etc.) rispetto ai quali il dipendente non ha alcuna “aspettativa di segretezza”, dal momento che gli strumenti aziendali non possono essere usati per motivi personali.

Tuttavia, il datore di lavoro deve anche occuparsi della sicurezza dei dati e delle reti aziendali, a tutela dei propri dipendenti, clienti e fornitori (rispettando adeguati standard di sicurezza di data protection e cyber security). I dipendenti e i collaboratori, dovrebbero avere precise istruzioni, impartite dal titolare, per la salvaguardia dei dati personali che sono autorizzati a trattare nello svolgimento della propria mansione lavorativa. Non tutte le aziende, però, hanno direttive e procedure di sicurezza precise per lo smart working, soprattutto quando questo non è stato mai previsto prima d’ora.

L’errore più frequente nell’usufruire delle modalità di lavoro agile, utilizzando dispositivi personali e non forniti dall’azienda, è quello di trascurare le misure di sicurezza, non adottando sistemi antivirus e sottovalutando i rischi connessi alla navigazione in rete (accesso a siti pericolosi, download, etc.): uno scenario potenzialmente pericoloso se si accede, in questo modo, ai sistemi e ai server aziendali da remoto.

Anche in questo periodo di emergenza sanitaria, le misure di sicurezza adeguate che il titolare del trattamento dovrebbe attuare per garantire la tutela dei dati personali, dovranno rispettare il Regolamento UE 2016/679 (GDPR). Perciò il datore di lavoro dovrà attuare tutte le procedure per l’attività lavorativa dello smart working, seppur non precedentemente previste, in modo da limitare il rischio per i diritti e le libertà fondamentali degli interessati.

Una risposta concreta a tali problemi, seppur non obbligatoria, è rappresentata dalla compilazione e dall’aggiornamento della Valutazione d’Impatto (la “DPIA” — art. 35 GDPR), ovvero un’analisi delle necessità, della proporzionalità, nonché dei relativi rischi, allo scopo di approntare misure idonee ad affrontarli.

In questa forma di lavoro agile non si può non far riferimento alla cyber security, poiché innumerevoli informazioni vengono scambiate e condivise online. I dati particolari, le proprietà intellettuali e i documenti riservati potrebbero subire furti, perdite accidentali, accessi abusivi, diffusioni dolose o colpose ed essere quindi oggetto di “data breach”.

Oltre ad affidarsi a VPN (Virtual Private Network) sicure e a provider affidabili, anche in questo caso, la formazione dello smart worker costituirebbe un’efficace misura di sicurezza, poiché come prescritto dall’art. 32 del GDPR:

“Il titolare del trattamento e il responsabile del trattamento fanno sì che chiunque agisca sotto la loro autorità e abbia accesso a dati personali non tratti tali dati se non è istruito in tal senso dal titolare del trattamento, salvo che lo richieda il diritto dell’Unione o degli Stati membri”.

Occorrerà considerare questa diffusione epidemica come un evento che ha interrotto l’abituale continuità lavorativa e, conseguentemente, ha minacciato i sistemi informativi. È auspicabile trarne un insegnamento per implementare sistemi efficaci al fine di rendere maggiormente operativa l’azienda già a partire dalla “Fase 2”, attivando una corretta progettazione e una maggiore cultura della sicurezza fra i dipendenti.

Strumenti aziendali nell’ambiente abitativo

3 Apr , 2020,
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Quindi occhi aperti e porte chiuse.

Il lavoro ai tempi dello smart working

25 Mar , 2020,
esseti
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Una serie di strade aperte su cui riflettere e orientare le future scelte strategiche.

L’impatto sociale e il ruolo della tecnologia

E finalmente quasi tutti conobbero lo “Smart Working”….

Non è una storiella ma la realtà che abbiamo o stiamo vivendo tutti.

In realtà è già da tempo che  questo modo di lavorare viene praticato in molte aziende italiane.

Quelle che hanno potuto applicare questo modello non necessariamente avevano acquisito capacità tecnologiche particolari, ma hanno sicuramente sviluppato e acquisito un modello organizzativo e manageriale adatto all’applicazione di questa modalità lavorativa.

Certo che l’emergenza attuale data dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19 ha allarmato molte Aziende sul fronte dell’infrastruttura e degli strumenti necessari ad organizzare, o meglio, riorganizzare il lavoro dei propri dipendenti.

E su questo aspetto c’è poco da fare. Se non ci sono gli strumenti è inutile già affrontare il problema.

Questo però non è il problema, per fortuna.

 

La tecnologia così pervasiva nelle nostre vite, ormai da diverso tempo, non è stata però ancora capace di convincere molte imprese a rivedere il modo di pensare il “rapporto di lavoro”.

In effetti pensare che la tecnologia ci inviti a ripensare e riflettere su alcuni nostri modelli di vita può sembrare presuntuoso se non addirittura minaccioso.

Bisogna pensare invece a come la situazione sconvolgente che stiamo vivendo oggi, ci impone di riflettere sulle sfide che ci vengono dettate dalle crisi.

Come diceva infatti Einstein  

È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.

Ed è proprio la tecnologia stessa che ci sfida. Ci sfida a confutare le sue supposizioni. E questa è una capacità umana e non tecnologica.

In questi giorni non sono infatti mancante polemiche, discussioni e scetticismi attorno a questo tema. Abbiamo visto le difficoltà delle persone che hanno dovuto stravolgere da un giorno all’altro la propria abitudine lavorativa, molte imprese strutturalmente impreparate a giocare la partita su questo nuovo campo, le sollevazioni politico-sociali sulle modalità di “controllo” del lavoro remoto.

Anche lo stesso termine “Smart Working”, ennesima anglosassonizzazione dei concetti, viene messo sotto accusa per l’inesattezza, inappropriatezza o addirittura incoerenza, con il quale viene usato, forse a voler spostare il focus “dal” problema perché affrontarlo è molto più difficile.

“La vera crisi è l’incompetenza. Il più grande difetto delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel trovare soluzioni.”, come appunto ci ricorda ancora Einstein.

Inutile incrementare il sospetto che lo smart working (continuiamo a chiamarlo così) sia una misura inapplicabile perché non si può facilmente controllare l’attività lavorativa, perché lavorare senza essere suscettibili di una verifica visiva real time comporti una inevitabile perdita di efficienza o peggio una falsa rendicontazione di attività.

Non è importante quanto tempo viene dedicato al lavoro, ma gli obiettivi che si riesce a raggiungere impiegando possibilmente meno tempo e risorse di quelle che si potrebbe prevedere.

L’aiuto della tecnologia dovrebbe essere questo. O almeno quello che noi dovremmo tirar fuori dalla tecnologia.

Applicare questo nuovo modello di lavoro significa adottare nuovi modelli organizzativi, essere capaci di individuare quei processi e quelle attività che effettivamente possono adattarsi a questo modello, sviluppare una cultura lavorativa ben lontana dalla classica visione ore/salario.

Una visione che deve essere acquisita sia dai lavoratori che dai datori di lavoro.

E’ bene ricordare poi che il nostro ordinamento disciplina il LAVORO AGILE , come modello adottato per incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro

Un lavoro che può essere organizzato per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici

 Le tutele contrattuali non sono modificate rispetto all’attività svolta tradizionalmente e sono espressamente previste modalità di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori oltre alla messa a disposizione di eventuali strumenti tecnologici previsti per lo svolgimento dell’attività. Secondo la Legge 81/2017 il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore.

Le cosiddette modalità di controllo, sono definite necessariamente con accordo tra le parti (dipendenti e datore di lavoro) con indicazione delle fasce orarie di disconnessione.

E’ chiaro allora come l’improvvisa applicazione di una modalità non precedentemente concordata, determini perplessità e interrogativi, soprattutto perché si è chiamati  a svolgere un processo di lavoro e un’organizzazione delle fasi operative ben diverse da come venivano svolte un giorno prima.

Non sappiamo ancora se la terapia d’urto condurrà alla scoperta o alla realizzazione di grandi strategie di cui parlava Einstein, ma sicuramente potremmo vedere presto un nuovo modo di approcciare il rapporto di lavoro, dove responsabilizzazione, motivazione e autonomia saranno sicuramente più rilevanti.

La Legge 81 del 2017 – Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato

Le opportunità e le strategie da cogliere tra sicurezza e professionalità

Gli aspetti da considerare sui quali riflettere sono però molteplici e senza dubbio uno dei principali è quello legato alla Sicurezza dei Dati.

Penso che questo sia l’aspetto più interessante e più aderente all’attuale realtà, collegato all’applicazione del lavoro agile in maniera sempre più ampia e diversificata.

Le aziende travolte dall’emergenza in atto, potrebbero non aver prestato la dovuta attenzione agli aspetti legati alla cyber security e protezione dati personali.

Questo ovviamente è legato ad un fatto contingente e imprevisto.

Ma il problema esiste e anzi deve essere sicuramente gestito in un contesto di normale applicazione, come probabilmente si potrebbe verificare in un imminente futuro.

Non basta quindi la realizzazione dell’infrastruttura tecnologica ma serve anche un investimento aziendale legato alle misure di sicurezza, sia sul alto organizzativo che delle responsabilità.

In sintesi sarà necessario considerare almeno:

Le misure relative alla sicurezza dei sistemi utilizzati da remoto;

Le politiche delle organizzazioni per l’applicazione del lavoro agile;

Le misure a carico del lavoratore agile.

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Le Aziende che già erano organizzate con questa modalità lavorativa, hanno dotato i dipendenti di applicativi pronti per l’applicazione remota, in una logica perfettamente integrata con l’intera gestione aziendale, messo a punto dispositivi telefonici virtuali (software) adeguati allo scopo, o utilizzato  portali per la gestione del tempo lavorativo (rilevazione presenze, ecc.), in un contesto gestito in modo formalmente ineccepibile.

Tuttavia sarà inevitabile mettere a punto un sistema organizzativo che oltre alla creazione della struttura sia in grado di mantenerne l’operatività e garantirne al continuità.

Solo così possono poi essere migliorati e messi a punto tutti gli altri aspetti di monitoraggio anche sul fronte della sicurezza.

E’ quindi un problema non indifferente, quello che si è venuto a creare in questi giorni  con la spinta ad utilizzare l’attività in smart working senza però avere idea di come affrontare in modo serio la questione nel suo complesso, mettendo di fatto a rischio i dati aziendali.

Se i dipendenti si trovano ad utilizzare i loro dispositivi personali per accedere ai Sistemi aziendali si apre un rischio che potrebbe essere molto più oneroso della momentanea interruzione delle attività lavorative.

Banalmente, l’accesso ai sistemi aziendali, include le connessioni di rete (ADSL, WiFi, ecc.)  che magari restano impostate dagli utenti privati, sui parametri standard (incluse le password amministrative, disponibili con una semplice ricerca su Google).Inoltre può succedere che  non si adottano (o non in maniera adeguata) sistemi antivirus/antimalaware  e si sottovalutano i piccoli rischi normalmente connessi alla navigazione in rete e accettati con ingenuità (accesso a siti pericolosi, download, ecc.).

Per evitare quindi questi primi evidenti rischi di sicurezza, l’attivazione di una connessione VPN è il primo protocollo da adottare per realizzare quel canale di comunicazione “sicuro” tra il dispositivo remoto e l’azienda, attraverso il quale si accede direttamente agli applicativi ed ai dati aziendali.

Ciò richiede competenza e attenzione e non può essere improvvisato.  Mettere in collegamento diretto il dispositivo remoto col sistema informativo aziendale significa anche minimizzare  o tenere sotto controllo il rischio ad esempio che un software malevolo infetti il dispositivo remoto e da qui l’intero sistema aziendale.

Primo passo essenziale è quindi quello di definire e condividere un regolamento/procedura aziendale sull’applicazione del lavoro agile nel rispetto dei principi collegati con le normative di riferimento (lavoro e privacy).

E’ evidente poi che tutte le risorse umane coinvolte nell’applicabilità di questa forma di lavoro, siano dotati di mezzi e dispositivi a uso aziendale opportunamente configurati e gestiti secondo norme di sicurezza idonee e coerenti con le diverse responsabilità identificate in maniera chiara e regolamentata a priori.

Sarà quindi opportuno attivare un piano di lavoro condiviso per sapere “chi fa, che cosa” alla luce di un cronoprogramma comune, facilitato magari dall’uso di strumenti (es. Microsoft Outlook, o Google Calendar, ecc) tali da consentire da un lato la pianificazione del lavoro, e dall’altro la visibilità di ciascuno, coinvolto da remoto.

Ciò che infine è fondamentale è la presenza di figure essenziali di coordinamento delle attività dei gruppi che lavoro in modalità “smart working”. In questo contesto il lavoro di gruppo e le capacità di gestire e organizzare il gruppo è la chiave di volta per il suo funzionamento.

Organizzare un processo di lavoro efficace e produttivo a distanza richiede una capacità specifica per alcuni aspetti molto diversa da quella applicabile in un ambito tradizionale in presenza.

Anche questo aspetto sarà sicuramente uno degli skills professionali che probabilmente nel prossimo futuro verrà richiesto da molte imprese.

Emergenza coronavirus può insegnare.

Quanto può costare la perdita dei dati aziendali?

4 Lug , 2019,
esseti
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QUALI SONO LE CAUSE DELLA PERDITA DEI DATI_

Hai mai pensato a quanto potrebbe costare la perdita anche solo di una parte dei tuoi dati aziendali?

 

La salvaguardia dei tuoi dati è il primo investimentio strategico a cui pensare.

Nel 2018 il 20% delle aziende italiane ha dovuto affrontare questo “imprevisto” con un costo complessivo di circa 1,5 milioni.

Aumentano i dati, aumentano i rischi

Poichè l’utilizzo e il trattamento dei dati sarà sempre più importante e significativo – nel 2018 a crescita dei dati gestiti dalle aziende italiane ha subito un incremento del 622% – diventa quindi essenziale costruire una infrastruttura IT in grado di contrastare l’aumento del rischio.

Esseti ha scelto le partnership giuste, per offrire un servizio completo nella realizzazione delle infrastrutturaIT aziendale, proponendo prodotti innovativi, con la garanzia di massima affidabilità e sicurezza.

Il nostro obiettivo è quello di guidare le nostre Aziende dalla fase di acquisto alla installazione e manutenzione.

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Privacy e Sicurezza. Non Bisogna Abbassare la Guardia

28 Giu , 2019,
esseti
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Nuovo

un anno dalla sua applicazione, il gdpr impegna ad una "funzione sociale"

Il CNR di Pisa ha ospitato l’ottava edizione del forum annuale di Fedeprivacy. Oltre 50 gli interventi da parte di esperti della materia e oltre mille prenotati tra il pubblico per scoprire le ultime novità sul Gdpr approvato appena un anno fa dall’Ue.

Un pericoloso calo di attenzione sui temi della privacy”: il Segretario generale del Garante Privacy, Giuseppe Busia, lancia l’allarme dal palco dell’ottava edizione del Privacy Day al Cnr di Pisa evidenziando che nonostante l’entrata in vigore, ormai un anno fa, del GDPR, la situazione che si sta creando in Italia “non è nella logica del nuovo Regolamento Ue, che non prevede un adempimento una tantum, ma richiede una manutenzione continua in un cammino che si fa di giorno in giorno, e quindi c’è qualcosa da recuperare sotto questo profilo”. 

Allarme che suona più forte dopo la recente scadenza del 20 maggio u.s. del periodo di «prima applicazione» in relazione all’applicazione delle sanzioni per violazioni del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e del nuovo Codice della privacy (come modificato dal d. lgs 101/2018).

“Il nuovo Regolamento Ue in materia di privacy – come dichiarato recentemente dal Garante Privacy Antonello Soro – ha valorizzato in maniera determinante la “funzione sociale” della protezione dei dati personali, attribuendo un ruolo chiave e una più marcata responsabilità ad aziende e pubbliche amministrazioni”

Dati alla mano il presidente di Federprivacy Nicola Bernardi ha evidenziato che “i professionisti che si informano regolarmente sulla materia risultano circa 18mila, numero di gran lunga inferiore rispetto alle oltre 48.500 comunicazioni di nomine di Data Protection Officer (DPO) ricevute dal Garante. E se il 62% degli addetti ai lavori non si tiene aggiornato rispetto a temi che sono in continua evoluzione come quelli della protezione dei dati, questo si traduce inevitabilmente in una scarsa preparazione da parte delle aziende che mette a rischio la tutela della privacy degli utenti

Windows Server 2008: termina il programma di supporto

3 Set , 2018,
esseti
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UpDateMicrosoft

Dopo il termine del supporto "Extended" per Windows Server 2003 a partire dal 14 luglio 2015, Microsoft annuncia altre due importanti scadenze per i servizi di supporto aggiornamento.

Fonti:Microsoft

Il primo termine è quello del 9 luglio 2019  con il quale terminerà il supporto per SQL Server 2008 e il secondo quello del  14 gennaio 2020  dal quale terminerà definitivamente il  supporto sugli ormai obsoleti S.O.  della famiglia Windows server 2008.

La fine dei programmi di rilascio degli aggiornamenti di sicurezza rendono questi sistemi, se ancora presenti in alcune strutture,  esposti ad alto richio di attacco alla sicurezza.

Problema non da poco, visto che questo significa  non rispettare l’adeguamento alle normative del settore e in particolar modo  l’adeguamento alla normativa il GDPR.

Pertanto tutte le Aziende che ancora utilizzassero sistemi Windows Server 2008 , o addirittura ancora la versione 2003, dovranno valutare attentamente la necessità di aggiornare il proprio sistema di protezione, adeguando i servizi alle opzioni disponibili sul mercato.

Nel pieno fervore della Digital Transformation ed in linea diretta con le misure tecnico organizzative che ci impone il GDPR, Microsoft si mantiene quindi in prima linea nell’implementazione delle soluzioni tecnologie innovative necessarie a migliorare le performace della gestione dei sistemi operativi esistenti nelle realtà aziendali .

 

L’esecuzione degli aggiornamenti sugli attuali Sistemi Operativi può essere effettuata, entro la scadenza indicata al 2020 in modalità cloud o locale, sfruttando le licenze esistenti per acquisire un servizio di abbonamento esteso fino a tre anni e avere quindi la possibilità gestire la tempistica di adeguamento in maniera programmata.

Le soluzioni ufficiali proposte da Microsoft sono implementate su infrastrutture ON-PREMISE e sulla piattaforma CLOUD di AZURE.

L’esecuzione degli aggiornamenti sugli attuali Sistemi Operativi può essere effettuata, entro la scadenza indicata al 2020 in modalità cloud o locale, sfruttando le licenze esistenti per acquisire un servizio di abbonamento esteso fino a tre anni e avere quindi la possibilità gestire la tempistica di adeguamento in maniera programmata.

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